Una felice giornata a Villar Pellice

Domenica 24 gennaio 2016 si è svolta a Villar Pellice la nostra piccola manifestazione contro la proposta di realizzare una nuova centralina idroelettrica nella comba dei carbonieri. Una cinquantina di adulti e numerosi bambini hanno accompagnato questo colorato corteo per le vie di Villar in una mattinata piena di sole. Sono stati distribuiti questi volantini e la mappa idroelettrica realizzata dal nostro comitato. Abbiamo il piacere di condividere con voi alcune foto che raccontano la giornata:

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I primi cartelli cominciano a comparire in piazza Willy Jervis…

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I bambini se ne impossessano presto, agitandoli al sole. Primi capannelli di persone si formano.

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Viene preparato un secchio con la scritta “Acqua bene comune – No a nuove centraline“.

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Ci si avvicina alla fontana per riempire il secchio.

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Il secchio viene affidato a un bimbino che lo porterà in corteo.

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Ci si muove per le vie di Villar!

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Il secchio con l’acqua presa dalla fontana – acqua di tutti! – viene simbolicamente portato davanti al comune.

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Ecco il secchio, che simbolicamente vorrebbe spronare l’amministrazione e la sindaca di Villar a occuparsi dei pericoli derivanti dalla speculazione idroelettrica. L’acqua pubblica continuerà a essere svenduta per un piatto di lenticchie?

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Il temibile Children Block. Cosa gli racconteremo quando non ci sarà più acqua nei torrenti?

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Alcuni richiedenti asilo ospitati alla Crumiere vengono coinvolti in un ballo che segna la fine della mattinata. Un bell’epilogo fatto di socialità, apertura e condivisione, nell’augurio che i corpi che si intrecciano nella danza continuino a essere solidali e fraterni.

Un articolo di Marco Rostan sulla giornata si può leggere su Riforma online.

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Riproponiamo un altro articolo da Riforma, questa volta a firma di Diego Meggiolaro.

Per molti sono una risorsa, per altri depredano un bene comune, lasciandone le briciole.

Nel corso degli anni sono state costruite più di dieci centraline idroelettriche sul Pellice e i suoi affluenti. Si tratta di derivazioni con lunghe tubazioni che alimentano piccole centrali, sottraendo l’acqua ai torrenti che, soprattutto nei mesi estivi o di particolare siccità, rischiano di restare senza una portata sufficiente.

Secondo la legge dovrebbe essere garantito il Deflusso Minimo Vitale (Dmv), ma «questo non sempre succede e genera moria dei pesci e della vita dei fiumi, del fiume stesso, crea danni permanenti alla fauna, alla vegetazione, e genera un ambiente desolato», avvertono dal Comitato beni comuni val Pellice.

Oltre alle centraline esistenti nel bacino fluviale del Pellice, sul sito della Città Metropolitana di Torino si legge di ulteriori progetti per centraline e impianti futuri. Un’altra decina di progetti di impianti avanzati da alcune ditte private: Enel Produzione, Vimel, Acquachiara, Energia, Verde Energy, Green Power, S.c.S., Pixel, Consorzio irriguo Val Pellice Cavourese. Tre anni fa si è parlato molto del caso di Angrogna.

Quasi tutti i comuni della valle verrebbero interessati da questa nuova ondata di intubazione dei corsi d’acqua a fini privati. A partire dall’alta valle a Bobbio Pellice, sul Pellice appena uscito dalla conca del Prà, nel suo primo affluente importante, il rio Crusenna, e nel torrente Cruello, che già adesso è in secca e non riesce ad arrivare al Pellice; e poi nel rio Guicciard e nella Comba dei Carbonieri, che già è interessata dalla presenza di una centralina. Seguono Villar Pellice con un progetto nella comba Liussa e Torre Pellice con un progetto al Molino di Santa Margherita.

Nella maggioranza dei casi si tratta di piccole centraline di circa 50 Kw di potenza che, ipotizzando un utilizzo a pieno regime, in un anno possono arrivare a produrre fino a 438 Mwh. Per legge, oggi, rimane in vigore il tetto di incentivi complessivi alle rinnovabili non fotovoltaiche di 5,8 miliardi ogni anno. La Gse, Gestore dei Servizi Energetici, è una società italiana per azioni controllata dal Ministero dell’economia che eroga gli incentivi statali ai produttori di energia rinnovabile. Secondo le tabelle governative l’incentivo è di 219 euro a Mwh prodotto per le centraline sotto i 50 Kw che in un anno possono quindi arrivare a circa 100mila euro lordi.

Ai Comuni quanto torna? 

Il gestore di un impianto idroelettrico deve corrispondere un’imposta, i canoni idrici, agli enti pubblici locali (Comuni, Province e Regioni interessate), per la concessione e lo sfruttamento di acque pubbliche con lo scopo di produzione di energia elettrica. I canoni idrici sono di tre tipi: il Canone Idrico di concessione (pagato da tutti gli impianti), il Sovracanone per gli Enti Rivieraschi e il Sovracanone per i Bacini Imbriferi Montani (BIM) che sono pagati solo dagli impianti di potenza superiore a 220 kW.

I canoni rivieraschi, fissati dalla Città Metropolitana di Torino in questo caso, vanno all’80% al comune e al 20% all’ex provincia.

A Bobbio Pellice è stata inaugurata una nuova centralina sul Pellice, proprio dietro gli impianti sportivi.

Fornisce acqua per irrigare i campi di Bobbio e Villar e produce elettricità per 49 Kw. E’ costata 1 milione di euro al Consorzio Irriguo Val Pellice – Cavourese e 400.000 euro sono arrivati dall’Unione europea dal fondo europeo agricolo di sviluppo rurale del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013.

«Per gli agricoltori di Bobbio e Villar la presa d’acqua dal Pellice è vitale e genererà un incremento della produzione di fieno e dell’economia locale», dice il sindaco di Bobbio Patrizia Geymonat. «Sono oltre 230 gli iscritti locali al consorzio. Noi a Bobbio lo scorso anno abbiamo incassato 16.700 euro di Canoni Rivieraschi dalle tre grandi vecchie centrali idroelettriche bobbiesi, le due sul Pellice per andare a Villanova e quella nella Comba dei Carbonieri». Corrispondono a due privati, la Quinto S.p.A. di Bobbio Pellice e la Girardi Energia S.r.l di Mattie.

Ai comuni, è dai Bim che arriva l’introito maggiore, ma il punto è che potrebbe essere ancora più grande. «Lo scorso anno dai Bim sono arrivati 74.000 euro, un decimo del bilancio comunale», continua Geymonat.

Il Bacino Imbrifero Montano del Pellice è un consorzio di Comuni che ridistribuisce i circa 600.000 euro di canoni che le imprese pagano. Raggruppa i comuni di Angrogna, Bibiana, Bobbio Pellice, Bricherasio, Fenestrelle, Inverso Pinasca, Luserna San Giovanni, Lusernetta, Massello, Perosa Argentina, Perrero, Pinasca, Pinerolo, Pomaretto, Porte, Pragelato, Prali, Pramollo, Prarostino, Rorà, Roure, Salza di Pinerolo, San Germano Chisone, San Secondo di Pinerolo, Sauze di Cesana, Sestriere, Usseaux, Torre Pellice, Villar Pellice, Villar Perosa. «Il 55% dei 600.000 mila euro va ai comuni che hanno le prese idroelettriche sul loro territorio: Pinasca, Angrogna, Bobbio e Villar Pellice per fare qualche esempio», spiega Igor Alessandro Bonino, presidente del Bim Pellice. «Dalle grosse centrali tipo quella di Villar Perosa, che ha la presa a Pinasca, una centrale da circa 1 Mw, ci arrivano 27.000 euro l’anno», continua Bonino. Potrebbe essere di più ma le grosse centrali pagano un Canone regionale che negli ultimi anni è aumentato di oltre il 100%.

«Se ci fosse un movimento generale delle amministrazioni per cambiare la norma nazionale e alzare questa percentuale, noi aderiremmo» dichiara il sindaco di Bobbio Pellice, che aggiunge «ci stanno continuando ad arrivare richieste per autorizzazioni a costruire piccole centraline sui nostri fiumi, due le abbiamo già bloccate perché ritenute non idonee».

L’ambiente

Il neonato Comitato Beni Comuni val Pellice si sta interrogando su quanto le prese idroelettriche danneggino la vita dei fiumi e rappresentino un introito troppo grande per i privati rispetto ai Comuni su un bene comune come l’acqua.

Sabato 18 luglio hanno organizzato una passeggiata a Bobbio Pellice per chiedere più attenzione da parte comunale ai temi ambientali ed economici che queste attività interessano. E per chiedere alle amministrazioni di non svendere i beni comuni. Si ritroveranno sabato 1 agosto per continuare a informare la popolazione.

Marco Baltieri, presidente dell’Associazione di Tutela degli Ambienti Acquatici e dell’Ittiofauna (Ataai): «Sono circa una cinquantina le persone che si stanno relazionando con il Comitato Beni Comuni val Pellice. Le conseguenze delle molte derivazioni, idroelettriche o agricole, che stanno uccidendo i nostri fiumi e la vita che vi si trova. Il Pellice dopo il ponte di Bibiana è ormai quasi completamente asciutto e le scorse settimane siamo andati a recuperare tutti i pesci morti a causa della secca. Ormai, ogni estate, facciamo questa operazione. A parte le derivazioni agricole che devono essere ripensate e riorganizzate, molte delle centrali idroelettriche nel bacino del Pellice sono vecchie, hanno oltre trent’anni e sono state costruite senza il rispetto di parametri ambientali, ora necessari. Se venissero realizzati tutti gli impianti ora in progetto il Pellice si trasformerebbe in una serie di tubi continui. Gli incentivi sono molto alti e i canoni troppo bassi, questo rende il business appetibile da parte dei privati. La forbice tra introiti e canoni versati ai comuni è troppo ampia e gli amministratori comunali dovrebbero lavorare per abbassarla il più possibile».”

Qua il link all’articolo.

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Poco prima della prima serata pubblica del comitato, è uscito su Riforma, settimanale delle Chiese Evangeliche Battiste, Metodiste e Valdesi, un ampio articolo a firma di Samuele Revel. Pur non condividendo tutto l’articolo, lo riportiamo con piacere qua sotto.

“È nato il «Comitato beni comuni Val Pellice» e ha studiato la situazione torrente e dei suoi affluenti.

Fiumi, torrenti e canali stanno attirando l’attenzione di molti in questi ultimi anni. Gli incentivi e le direttive Europee vanno come ben sappiamo nella direzione del risparmio energetico e nello sviluppo delle energie alternative. È quindi naturale che le valli alpine suscitino un notevole interesse visti i notevoli dislivelli dei corsi d’acqua. Della val Germanasca e Chisone abbiamo ampiamente parlato nei mesi e negli anni scorsi. Abbiamo incontrato il comitato «Salviamo i Toumpi» e le amministrazioni e ci sono stati illustrati i vari progetti (sicuramente quello più importante e che affonda le sue origini ormai alcune decine di anni fa è quello della grande centrale prevista a Perrero).

La val Pellice è interessata come le altre vicine da queste opere. Ad Angrogna sono nate negli anni scorsi due centrali lungo l’asse di fondovalle che hanno fatto discutere ma si sono rivelate una fonte di introiti per il Comune, sempre meno sostenuto dallo Stato e anche di questa situazione abbiamo scritto ampiamente.

Uno sguardo complessivo sulla valle tutta ora lo da il «Comitato beni comuni Val Pellice». Nella cartina che trovate in questa pagina si possono vedere le tratte di torrente già sfruttate (in rosso) e quella che su cui sono stati presentati progetti di sfruttamento. «Negli scorsi anni sono state realizzate una quindicina di centraline idroelettriche sul Pellice e sui suoi affluenti –ci spiegano dal Comitato –; si tratta di derivazione con lunghe tubazioni che alimentano picole centrali, sottraendo l’acqua ai torrenti che, nei mesi estivi e nei periodi di siccità, restano spesso privi di una portata sufficiente». C’è però una norma che prevede il deflusso minimo vitale. «Esatto ma questo non sempre viene rispettato con conseguente moria di pesci, danni alla fauna e alla vegetazione e un ambiente desolato dove prima si ammiravano cascate e pozze d’acqua profonde». In questi ultimi anni sono arrivate molte altre richieste: qualche futuro si prospetta? «Sono circa quindici i progetti presentati e se venissero realizzati tutti ci troveremmo con il bacino del montano e vallivo del Pellice e dei suoi affluenti quasi completamente intubato e privatizzato. Il rischio è che per molti decenni perderemmo il controllo su uno dei beni primari del territorio e rischieremmo anche di assistere a un netto peggioramento della qualità dell’acqua, compromettendone lo stesso uso potabile, oltre che gli ambienti naturali e le attività turistiche».

Per capirne di più la cittadinanza è invitata giovedì 9 luglio alle 21 a Torre Pellice alla Biblioteca Comunale in via Roberto d’Azeglio per una sera informativa e di confronto.

L’argomento è importante perché lo sfruttamento delle risorse non rinnovabili ha il futuro segnato, sul nucleare, almeno in Italia, c’è un fermo rifiuto popolare e quindi le rinnovabili sono l’unico modo per ottenere energia. Bocciati gli impianti fotovoltaici nei prati e le torri eoliche rimangono i tetti e le acque.

Le alternative ci sono: a esempio gli impianti a vite di Archimede (coclea idraulica) sono già una realtà in altre zone d’Italia e hanno un impatto sicuramente meno «pesante» rispetto alle tubazioni e alle centraline.”

L’articolo originale si può trovare qui