La solidarietà batte l’indifferenza e la diffidenza

RENDICONTAZIONE SOCIALE DEI PROGETTI DI ACCOGLIENZA DEL COMITATO BENI COMUNI VAL PELLICE

Nelle settimane scorse abbiamo chiesto ai cittadini della Val Pellice di donare biciclette e indumenti invernali per i sessanta migranti e richiedenti asilo ospitati dalla Diaconia valdese alla Crumière.

Con questo gesto volevamo dimostrare:

  1. che la solidarietà è più forte dell’indifferenza, della diffidenza, dell’ostilità, del pregiudizio e del razzismo.
  2. che la valle non lasciava soli i cittadini di Villar nell’affrontare questa nuova situazione.

I cittadini della Val Pellice hanno risposto in maniera sorprendente.

  • 55 biciclette ci sono stare date e le abbiamo già consegnate alla Crumière. 2 saranno consegnate nei prossimi giorni. Altre 3 sono in attesa di essere ritirate. Per un totale di 60 bici.
  • I meccanici volontari hanno già iniziato a lavorare sulle biciclette, per rimetterle in sesto e per avviare il progetto di ciclo-officina promosso dalla Diaconia valdese.
  • Oltre un centinaio di persone hanno offerto vestiario, scarpe, coperte. I due momenti di raccolta al mercato di Torre Pellice di venerdì 9 e venerdì 16 ottobre hanno visto decine di persone consegnare pacchi di abiti da destinarsi ai migranti. Decine e decine le chiamate ai contatti che abbiamo fornito, chiamate che continuano.

L’offerta è stata così imponente da permetterci di ragionare dell’apertura nelle prossimo futuro di uno spazio settimanale alla Crumière gestito da volontari, affinché gli abitanti della Valle in difficoltà economica (con qualsiasi cittadinanza) possano essere aiutati.

Ringraziamo le persone che con generosità e con altruismo hanno risposto ai nostri appelli, dimostrando una mentalità aperta, e che hanno così contribuito a costruire una vera rete una rete di persone solidali che sostengono e aiutano il progetto di accoglienza e integrazione dei migranti richiedenti asilo della Valle.

Un grosso grazie a tutti e in particolare a:

Anna Maria, Simone, Graziella, Maria Grazia, il sig, Falco, Paolo, Domiziana, Marco, Miranda, Walter, Franco, Erica, Gigi, Simona, Giovanni, sig. Roland, Nanda, Maria, Monique, Bruno, Samir, Donatella, Francesco, Dada, Anna, Paola, Vera, Graziano, Fiammetta, sig. Giovanni, Livia, Maria Grazia, Walter, sig. Avanzini, sig.ri Bosio Long, Daniele, Mathieu, Nicola, Laura, Diego, Sandra, Raffaella, Enrico, Bruna, Daniela e Marco, Mariella, Giovanni, Betty, sig.ri Baral, Livia Comba, Gigi, Andrea, Federica e Andrea, Graziella, Llivia e Giorgio, Paolo, e a tutte le persone che ci hanno donato qualcosa e delle quali non conosciamo neanche il nome, e anche a quelli che hanno deciso di portare abiti e bici direttamente alla Crumière.

Questa risposta importante, che ha coinvolta decine di persone e di famiglie, è una risorsa che non può essere disperso, un vero bene comune.

Rilanciamo quindi un nuovo progetto, che non chiede semplicemente di dare qualcosa di cui non abbiamo più necessità, ma che propone uno scambio: Il Laboratorio di scambio linguistico

È noto che gli italiani hanno un difficile rapporto con le lingue straniere.

Alla Crumière, ci sono sessanta persone francofone o anglofone che stanno imparando l’italiano e che hanno bisogno di un aiuto. Parlare con una persona è il primo passo per conoscerla.

Proponiamo la costituzione di laboratori di scambio linguistico: noi facciamo conversazione italiana, supportando il loro sforzo nell’imparare la nostra lingua, in cambio di conversazioni in francese e inglese.

Uno scambio alla pari, vantaggioso per tutti. Gli incontri possono essere organizzati alla Crumière a Villar, oppure in luoghi concordati (compresa la casa del proponente).

Infine, una nota a margine: siamo contenti che la Crumière, un bene pubblico, di tutti i cittadini della Val Pellice, dopo dieci anni di abbandono a causa del fallimento dell’Agess, stia tornando a vivere e sia riaperta e restituita al territorio e ai suoi cittadini.

Il linguaggio è un bene comune!

È noto che gli italiani hanno un difficile rapporto con le lingue straniere. A Villar Pellice, alla Crumière, ci sono sessanta persone francofone o anglofone che stanno imparando l’italiano. Sono richiedenti asilo africani. Parlare con una persona è il primo passo per conoscerla. Proponiamo la costituzione di laboratori di scambio linguistico: noi facciamo conversazione italiana, supportando il loro sforzo nell’imparare la nostra lingua, in cambio di conversazioni in francese e inglese. Uno scambio alla pari, vantaggioso per tutti!
Gli incontri possono essere organizzati alla Crumière a Villar, oppure in luoghi concordati, compresa la casa del proponente.

Se sei interessato a partecipare a questi laboratori, strutturati in rapporto uno a uno, due a due, o uno a due,
puoi telefonare a Clara (338.6315390) oppure scrivici alla mail: benicomunivalpellice@gmail.com

L’accoglienza è un bene comune!

Nei giorni scorsi decine di cittadini della Val Pellice e di Villar hanno risposto alla nostra richiesta, regalando biciclette per i migranti ospitati della Crumière: ne abbiamo consegnate già 25, e continueremo in questa settimana, cercando anche pezzi di ricambio (copertoni, camere d’aria in particolare).

Grosso grazie a queste persone!

Tutti insieme stiamo costruendo una rete di persone aperte, generose e solidali, molto diverse dall’immagine di diffidenza e paura che abbiamo sentito circolare a fine agosto. Dopo questo primo piccolo-grande successo della raccolta di biciclette, adesso che si avvicinano le giornate fredde, cerchiamo giacche da uomo, guanti, sciarpe, cappelli, maglioni, coperte, scarpe pesanti per i sessanta migranti di Villar accolti alla Crumière dalla Diaconia Valdese.

Se hai qualcosa da regalare puoi telefonare a Clara (338.6315390) o contattarci alla mail: benicomunivalpellice@gmail.com

Venerdì 9 e venerdì 16 ottobre saremo al mercato di Torre Pellice davanti al Comune dalle 9,30 alle 12 per raccogliere il vestiario.

Grazie dell’aiuto!

raccolta giacche

Per una società aperta

Quello che sta succedendo in queste settimane in Europa è qualcosa di storico. Da Ventimiglia all’Eurotunnel a Calais, dall’Ungheria alla Macedonia, i confini vengono attraversati, violati, contesi, da migliaia di perone in fuga dalla guerra, dalla miseria, in cerca di un futuro migliore.

L’Europa risponde in maniera contraddittoria: si costruiscono muri e si arrestano i migranti in Ungheria, si chiude la frontiera danese, la Germania apre a 500.000 profughi siriani.
Il mondo è arrivato anche in Val Pellice: a Villar sessanta migranti sono ospitati alla Crumière. Altri sono a Luserna e a Torre.

Di fronte a questi eventi straordinari ognuno di noi deve prendere posizione.
Molti europei hanno saputo accogliere i migranti: i cittadini austriaci e ungheresi hanno fatto la spola tra la stazione di Budapest e la frontiera austriaca, aiutando i migranti che attraversavano a piedi l’Ungheria, e disobbedendo alle indicazioni del governo xenofobo ungherese.

Alla stazione di Monaco di Baviera e in Germania la solidarietà delle persone comuni nei confronti dei rifugiati è impressionante.
In Islanda migliaia di persone hanno dato disponibilità ad accogliere dei migranti a casa loro.
Europei per una società aperta al mondo da una parte,
chi costruisce muri, stende filo spinato, agita la paura, dall’altra.
Sta a noi, a ciascuno di noi, scegliere da che parte stare!

Accoglienza diffusa

Un’altra iniziativa in solidarietà ai richiedenti asilo:

PER UN PROGETTO DI ACCOGLIENZA DIFFUSA DEI MIGRANTI IN VAL PELLICE.

APRIAMO LE NOSTRE CASE!

In questa estate abbiamo assistito a qualcosa di straordinario, una ondata massiccia di arrivi di rifugiati, migranti, richiedenti asilo, che hanno attraversato le frontiere e i mari, scavalcando fili spinati e muri, percorrendo a piedi centinaia di chilometri, pur di sperare in un futuro migliore. Abbiamo pianto nel vedere la foto del bambino siriano annegato sulle spiagge turche In Europa c’è chi ha costruito muri e chi ha scelto di dare rifugio a chi scappa dalla guerra in Siria. Le associazioni, le chiese hanno messo in piedi progetti di accoglienza, come è successo ad esempio a Villar Pellice, mentre le inchieste dimostravano che altri speculavano e si arricchivano addirittura sui migranti. Papa Francesco ha chiesto di aprire le parrocchie ai migranti, chiedendo ad ogni parrocchia di accogliere 5 migranti. In molti si stanno muovendo. Tocca anche a noi fare qualcosa. Noi crediamo che questa situazione, che cambierà il volto dell’Europa, non possa essere solo delegata alla gestione degli stati o dei professionisti dell’accoglienza, ma che sia anche un’occasione straordinaria di incontro tra persone. Attiviamo dal basso un progetto di accoglienza diffusa dei migranti, che si integri con i progetti ufficiali, come già sperimentato in altri comuni. Stiamo quindi raccogliendo le disponibilità di persone e famiglie della Val Pellice ad accogliere a casa propria un richiedente asilo che è attualmente ospite nei progetti di accoglienza in Valle, per dare continuità a questi progetti, oppure di mettere a disposizione un alloggio vuoto e sfitto.

Il mondo è arrivato a Villar Pellice

In seguito all’arrivo a Villar Pellice di 60 richiedenti asilo, e in seguito a tutti gli avvenimenti correlati, abbiamo scritto questo volantino, ricordando che l’accoglienza per noi è un bene comune, come l’acqua, l’aria, le nostre montagne e tutto quello che ci fa vivere e condividere le nostre vite assieme agli altri.

Il mondo è arrivato a Villar Pellice

Sono arrivati i primi migranti. Non hanno certo scelto loro di venire a Villar, e di venirci in sessanta. Non l’ha scelto il comune. Siamo un po’ disorientati noi come lo sono certo loro.

Per mesi abbiamo visto in ogni telegiornale le immagini dei migranti che dall’Africa, dalla Siria, dal Pakistan, dall’Afghanistan cercano in ogni modo di arrivare in Europa per provare a vivere una vita migliore. Abbiamo visto i migranti aggrappati agli scogli di Ventimiglia, quelli che cercavano di attraversare il tunnel sotto la Manica a Calais, varcare il filo spinato in Macedonia. Abbiamo visto i barconi dalla Libia e le file di bare a Lampedusa.

Adesso il mondo che abbiamo visto in televisione è arrivato qui. E non possiamo far finta di niente.

I migranti sono qui come in altri cento posti d’Italia. Come in altri Comuni della valle, a Torre, a Luserna. Hanno le stesse facce e le stesse storie di quelli che nelle campagne di Saluzzo raccolgono la frutta. Gli stessi che raccolgono i pomodori in Campania e in Puglia, le arance a Rosarno.

Dopo il primo, e comprensibile, momento di disorientamento, dobbiamo decidere cosa fare? Possiamo decidere di accoglierli bene, di farci prendere dalla curiosità per questo mondo che è arrivato nella nostra Valle, vedere in quelle persone degli uomini, provare a salutarli, a conoscerli, a parlarci. A trovare insieme semplici regole di convivenza. Inventandoci piuttosto una lingua con cui comunicare. Aiutando, per come possiamo, lo sforzo della Diaconia. Cercando di superare diffidenze e problemi.

In questi casi si dice che sia meglio costruire ponti e non alzare muri. Conviene a tutti.

Ci può aiutare ricordare che anche noi siamo andati per secoli altrove a cercare fortuna? Ricordarci che quando avevamo la guerra in casa, nel 1687, siamo andati noi a Ginevra, nei cantoni protestanti svizzeri, in Germania, come rifugiati, e lì accolti a migliaia? Se questo pensiero ci aiuta, bene.

È stato un bene che quelle scritte ostili contro i migranti siano state subito corrette, è stato un bene che i primi migranti siano stati accolti con gentilezza alla Crumiere, è bene che sindaco e giunta recuperino il tempo perso con la loro assenza.

Adesso spetta a ognuno di noi aiutarci per far riuscire al meglio questa impresa, con la nostra umanità e la nostra curiosità, aiutando i dubbiosi, rinforzando gli impauriti, sollecitando gli indifferenti, isolando con fermezza ogni manifestazione di razzismo.

Sì all’accoglienza

No al razzismo

articolo su NUNATAK

Marco e Lia, due del Comitato Beni Comuni ValPellice, hanno scritto questo articolo per la rivista NUNATAK, rivista di storie, culture e lotte della montagna. L’articolo apparirà nel numero che uscirà ad ottobre 2015.

Trasformare l’acqua in denaro: mini idrolettrico e mega speculazione.

Scriviamo di un problema che riguarda la valle in cui viviamo, la Val Pellice, in Piemonte, ma che è comune a tutte le vallate alpine e più in generale, allargando gli orizzonti, non è esagerato dire che riguarda tutto il mondo. Molti infatti stanno affrontando il tema dell’oro blu, l’acqua, e chi analizza la questione a livello globale ipotizza che le prossime guerre (mondiali?) saranno proprio per l’approvvigionamento alle risorse idriche.
Qui in occidente, nella docilità della vita cui ci hanno abituati, non hanno avuto finora bisogno di fare guerre per intubarsi fiumi e torrenti, e trasformare l’acqua in denaro.
Il problema che trattiamo non riguarda l’acqua potabile, ma il suo sfruttamento per produrre energia elettrica. Nel territorio italiano, l’acqua che valeva la pena utilizzare per produrre energia idroelettrica è già stata ampiamente sfruttata con dighe e invasi per alimentare impianti importanti. Tutto l’idroelettrico di grossa portata è già stato realizzato e l’Italia è un paese che produce molta energia di questo tipo. Rimangono le briciole, ovvero tutti i piccoli corsi d’acqua, sui quali grava la minaccia del mini idroelettrico, impianti con una produzione inferiore a 1 MW (megawatt): “tra il 2009 e il 2013 il numero di impianti di potenza inferiore a 1 MW è aumentato di 673 unità (da 1270 a 1943) con un incremento in termini di numerosità pari a circa il 53% ma con un aumento di potenza installata (rispetto al totale dell’idroelettrico nel 2009) di solo lo 0,8%! Sono in molti ormai a chiedersi se questo impiego di risorse pubbliche sia ragionevole e porti ad effettivi benefici ambientali, oppure se stia solo alimentando un grande processo speculativo, che crea molti impatti e pochi benefici in termini strategici.” Citato dal bollettino di settembre 2014 del CIRF, Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, un documento molto preciso per gli aspetti tecnici e legislativi legati a questo tipo di impianti.

Anche in val Pellice, pur esistendo già una quindicina di centraline idroelettriche, c’è un forte aumento di richieste per costruirne di nuove. Piccoli impianti, con una modesta produzione di energia elettrica, che però rischiano di avere un grosso impatto sulla valle e sulla nostra vita.
Si tratta di derivazioni con lunghe tubazioni che alimentano piccole centrali, sottraendo l’acqua ai torrenti che, nei mesi estivi e nei periodi di siccità, restano spesso privi di una portata sufficiente. In teoria dovrebbe essere lasciato nel torrente un “deflusso minimo vitale” di acqua, ma questo non sempre avviene, con conseguente moria di pesci, danni alla fauna e alla vegetazione e un ambiente desolato dove prima si ammiravano cascate e pozze d’acqua profonde.
Nell’immaginario collettivo l’energia idroelettrica viene considerata “pulita” e “verde”, o in qualche modo, una cosa buona, grazie al fatto che si sfrutta una fonte rinnovabile, l’acqua.
Anche la parola “mini” associata a idroelettrico, fa pensare a qualcosa di piccolo e grazioso, e subito si stabilisce l’equazione mini impianto – mini impatto ambientale.
Le cose purtroppo non stanno così.
Esaminando su una cartina la situazione dei fiumi della val Pellice, ci rendiamo conto che esistono già una quindicina di centraline, e le richieste di nuove derivazione sono anch’esse una quindicina. Se dovessero venire approvate e messe in produzione, la situazione apparirebbe disastrosa: quasi tutto il Pellice e buona parte dei suoi affluenti risulterebbero intubati. Ci sarebbe la scomparsa irrimediabile di tratti di fiume inalterati. La realtà è che la somma di tanti impianti, senza soluzione di continuità, è un grosso danno, e che mini impianto non vuole affatto dire mini impatto ambientale.
Citiamo, sempre dal documento del CIRF: “in generale non ha alcun fondamento l’assunzione secondo cui a piccolo impianto corrisponda un piccolo impatto, in quanto quest’ultimo è dipendente da molte variabili quali le caratteristiche intrinseche del corpo idrico, il contesto ambientale complessivo, gli effetti combinati di altri fattori di pressione, le misure di mitigazione adottate ecc.; quindi un piccolo impianto localizzato in un corso d’acqua di piccole dimensioni, molto sensibile e poco resiliente può essere più impattante sul corso d’acqua stesso rispetto a un grande impianto ben gestito in un corso d’acqua più resiliente.”
La politica delle istituzioni è assolutamente miope, in quanto non esiste un progetto globale relativo all’uso dell’acqua, per cui può accadere che un comune autorizzi delle centraline senza tenere conto di ciò che accade a valle o a monte, e in generale, non c’è interesse a mantenere dei corsi d’acqua inalterati.

Il nocciolo della questione è che tutta questa spinta a costruire impianti di tipo mini idrolettrico sia dovuta agli incentivi statali per chi produce questo tipo di energia. Ovvero, lo stato premia i privati comprandogli l’energia a prezzo molto più alto rispetto alle altre produzioni e questo è ciò che si chiama incentivo, pagato dai consumatori con un aggravio sul costo della bolletta. Oltre al danno, la beffa!
Questo stesso meccanismo è quello che prima veniva applicato al fotovoltaico e che ha fatto “fiorire” campi di pannelli solari in ogni dove. Avete notato che ora nessuno li costruisce più? Bene. È proprio perché non ci sono più gli incentivi su quel settore che la speculazione non è più così redditizia.
Torniamo all’idroelettrico, e al suo momento di gloria.
Il privato richiede la concessione per lo sfruttamento delle acque (che di solito dura vent’anni, poi può essere rinnovata o meno) e, se gli viene concessa, fornisce al comune interessato una somma di denaro generalmente ridicola rispetto a quanto guadagnerà, grazie agli incentivi statali, con questi impianti.

I comuni interessati finora si sono sempre rivelati proni alle richieste dei privati, per nulla inclini a reclamare un guadagno maggiore e un rispetto severo dei parametri per la tutela della vita del fiume. Forse perché pochi soldi sono meglio che niente?
Oltre allo sfruttamento idroelettrico c’è sempre da tenere conto che una parte di acqua viene usata per irrigare i campi, e quindi solitamente a giugno-luglio il Pellice va in secca. Questo lo si può facilmente vedere dal ponte di Bibiana in giù, dove dal Pellice partono delle derivazioni irrigue verso Cavour e Campiglione. A Villar Pellice un rinnovamento dell’impianto irriguo nasconde la costruzione di un nuovo impianto idroelettrico, infatti da questa centralina vengono prelevati dal Pellice 30 litri d’acqua al secondo per l’irriguo e 110 litri d’acqua per l’idroelettrico. Mentre l’irriguo lo si preleva solo quando serve, nella stagione calda e secca, il prelevamento idroelettrico è per tutto l’anno. Questa manovra ha fatto sì che l’irriguo diventasse un vero e proprio cavallo di Troia per l’idroelettrico, e soprattutto ha raccolto il consenso di agricoltori e allevatori.

Ora, non per fare quelli a cui non va mai bene niente, ma anche la questione degli impianti irrigui in sé pone dei problemi, riflessioni che già sono state fatte anche su questa stessa rivista, quindi vi faremo solo accenno. Ci riferiamo al fatto che i grossi impianti irrigui, in pianura e all’imbocco delle valli, servono principalmente per il mais che, coltivato in monocultura per ettati ed ettari, esaurisce la terra, richiede massicci usi di diserbanti, fertilizzanti, concimi chimici, per poi andare ad ingrassare gli animali negli allevamenti intensivi, altro luogo di sfruttamento. Più in sù nelle valli le irrigazioni servono magari a fare un fieno in più, e non è poco, ma a che prezzo? Vogliamo veramente rincorrere ancora ed ancora la chimera di una crescita senza fine?!

A fronte di questa situazione ci siamo ritrovati fra diversi abitanti della valle e abbiamo iniziato a informarci e discutere assieme sullo stato delle cose che non ci piacciono. È nato un comitato, il “comitato beni comuni val Pellice”. Per prima cosa abbiamo prodotto una cartina che illustra molto chiaramente la situazione della valle, con le centraline esistenti e le richieste in corso, accompagnata da un volantino che abbiamo ampiamente diffuso. A inizio luglio abbiamo fatto una serata pubblica dove sono stati esposti questi temi, e ne sono venute fuori diverse domande e punti da approfondire. Tutto sta proseguendo con delle passeggiate sui luoghi dello sfruttamento idroelettrico, ovvero quei posti dove sono in progetto o ci sono già delle centraline.
Queste passeggiate ci sono utili per vedere, sentire, toccare, ascoltare quello di cui stiamo parlando, perché non restino solo discorsi e sono state una situazione conviviale e piacevole per confrontarsi, sia tra di noi, sia con gli abitanti dei luoghi che vengono sfruttati. Ci siamo resi conto, inoltre, di cose a cui inizialmente non avevamo pensato, ad esempio, oltre agli altri danni, all’inquinamento acustico che producono le turbine delle centraline, funzionanti, salvo guasti, 24 ore su 24 per tutto il corso dell’anno.
Le domande che sorgono assieme al sorgere di un comitato sono molte, e la questione sembra coivolgere diversi aspetti, da quelli più istituzionali, che riguardano la gestione del territorio e delle risorse, fino ad aspetti più profondi.
Ci siamo ad esempio chiesti perché nessun comune abbia provato a pensare di costruire autonomamente un impianto idroelettrico, in modo da gestirsi e reinvestire sul territorio gli incassi, e da rendersi un pochino più indipendente dai lacci del centralismo della “città metropolitana”. Forse nessuno ha questi interessi, forse non ci sono soldi… sarebbe interessante continuare a discuterne.

La radice di tutte le questioni potrebbe essere: che rapporto vogliamo avere con il territorio in cui viviamo? È qui che si gioca la questione ambientale, finché il mondo attorno viene percepito come separato, è più facile che venga l’idea di sfruttarlo. Ma se iniziassimo a percepirci come parte di un tutto, come abitanti di queste montagne alla stessa stregua degli altri mammiferi, pennuti, squamati, delle piante, delle rocce, sarebbe certo molto diverso. Come ricomporre questa frattura? Ci rendiamo conto che è una parte di noi stessi a essere trasformata in merce?

Passeggiata Idroelettrica 3

Continuano le passeggiate del Comitato Beni Comuni Val Pellice

La pioggia e le nuvole non hanno scoraggiato un folto gruppo di difensori dei torrenti e dei beni comuni  della Val Pellice, che sabato 1° agosto sono andati ad osservare il corso del torrente Pellice a monte di Bobbio, fra le borgate Payant e Malpertus: in questo tratto infatti è stata richiesta una derivazione a scopo idroelettrico, che molto probabilmente toglierebbe acqua a molte cascate e toumpi, e anche alla bella piscina naturale sotto il “ponte di Napoleone” di Malpertus (in realtà il ponte venne costruito già nel XVII secolo).

Per sabato 22 agosto il Comitato Beni Comuni propone un’altra passeggiata, questa volta lungo il torrente Angrogna: l’appuntamento è a Predeltorno, alle ore 9.00, nel parcheggio presso il ponte di Barmafredda.

passeggiata idroelettrica 3